Amore a prima vista

 English text


In questa intervista Christian Dagnino ci racconta l’avvicinamento di un giovane al trallalero genovese.

TRALLALERONLINE: Come ti sei avvicinato al trallalero genovese?

CHRISTIAN: Ho conosciuto il trallalero nel giugno del 2018, quando comprai un libro sulla cultura genovese: nella sezione riguardante la musica si parlava di questa singolare forma di canto e, solo leggendo, me ne innamorai. Da quel momento incominciai a farmi una cultura a tutto tondo sull’argomento, a distinguere tra trallalero propriamente detto e canzone d’autore e a conoscere le squadre di canto di oggi guardando vari video su YouTube. Tra i tanti, la mia attenzione cadde sugli Arechêugéiti di Piazza Luccoli, canterini o ex-canterini che, appunto, si ‘raccolgono’ per cantare in demoa1. La descrizione diceva che si ritrovavano al Bar Luccoli e in piazza Luccoli al sabato pomeriggio e li descriveva quali «ultimo baluardo del trallalero che, in maniera del tutto spontanea, cerca di conservare la tradizione e la memoria storica», concludendo con un invito ad ascoltarli nel loro ambiente naturale, ovvero la piazzetta. Rimasi fortemente colpito dalla poeticità della cosa e anche se i video non erano – diciamo – nuovi di zecca, pensai di andare a vedere se cantavano ancora: a ottobre chiesi informazioni al barista del locale, che mi disse che avrebbero ricominciato a breve e, due sabati dopo, alle 16:30 ero lì ad ascoltarli.

TOL: Cosa hai provato la prima volta che hai sentito cantare i canterini dal vivo?

C: Appena sentii quelle voci potenti mi venne la pelle d’oca e pensai di essere fortunato ad essere nato in una città che vanta una forma d’arte così affascinante e caratteristica, dall’architettura così elaborata. Sarebbe davvero un peccato che fosse dimenticata.

TOL: Preferisci il trallalero o la canzone d’autore?

C: Per quanto mi riguarda, prediligo il primo: banalmente per una questione di musicalità, armonia, e poi perché, sebbene i testi siano in gran parte in italiano, lo ritengo diretta espressione dello spirito di un popolo perennemente innamorato, spensierato e libero come il vento in cui vive. Quasi in ogni trallalero è presente una formula – stilemica o originale che sia – che rimanda all’amore, alla morosa/bella dell’io cantante, magari un marinaio che forse spera che le sua parole vengano cullate dal vento fino a Genova per far sapere alla galánte2 che sì, sta pensando sempre a lei «suo ben», anche durante la partenza, o di un camallo3 che «se lei sapesse il ben che le vuole glielo darebbe un bacino d’amor», o ancora di un innamorato che le fa la serenata e che le darà «la prova dell’amor». Detto ciò, comunque non disdegno certi brani, come Cin-ci-là, Madonínn-a di pescoéi – quest’ultima, un vero poema epico della Liguria tradizionale o I figli della strada.

TOL: Cosa consiglieresti ad un ragazzo che fosse interessato ad entrare in una squadra di canto?

C: Per avvicinarsi all’ambiente gli direi di andare a Piazzetta Luccoli oppure di informarsi e partecipare a una prova di una delle squadre di canto: i Giovani Canterini di Sant’Olcese sono molto accoglienti, da anni mettono a disposizione la loro esperienza ai ragazzi che, come me, vogliano provare a cantare il trallalero, a entrare nel cerchio del canto, a provare e riprovare senza vergognarsi di sbagliare; in quest’epoca buia i giovani sono considerati una materia più preziosa dell’oro. I canterini si conoscono tutti e questo è, allo stesso tempo, un bene e un male, in quanto da una parte aumenta il già naturale clima di fraternità e coesione che viene a crearsi nei canti di gruppo, dall’altra, però, è sintomo della sempre minor densità di canterini sul territorio. Insomma, l’unica cosa che posso dire a chiunque sia interessato è di tentare, di farlo per sé e per Genova.

TOL: Perché pensi sia importante portare avanti questa tradizione?

C: Sostanzialmente per tre motivi. Innanzitutto, come ho detto prima, il trallalero unisce chi lo canta e, in un’epoca che sembra spingerci sempre più alla frammentazione e all’omologazione, penso che questa sia sicuramente una virtù e un modo per evitare di diventare, come diceva il poeta Plinio Guidoni, una delle tante «facce de chissà chi»; in secondo luogo, è uno dei punti di partenza per salvare quella bellissima lingua che è il genovese; infine, è forse una delle strade più efficaci per compiere un’integrazione come si deve: non sai quanto darei per riuscire a formare una squadra di giovani di varie etnie (magari nel centro storico), unite sotto l’egida del trallalero e del genovese. So che l’ultima cosa detta potrebbe far storcere il naso a qualcuno, ma questa mia aspirazione nasce dalla consapevolezza che nel corso del Novecento, il secolo delle migrazioni per antonomasia, i genovesi stessi hanno ucciso l’amato vernacolo locale, evitando di parlarlo non solo ai nuovi arrivati, ma anche ai propri figli, creando così una marcata separazione generazionale. Non chiudiamoci. Genua significa «adito ed entrata», siamo una miscellanea di Liguri, Galli, Romani, Saraceni e, con le recenti migrazioni, anche di Slavi e Africani; da qui è sempre passato qualcuno (e sempre passerà), ma la lingua è sopravvissuta poiché sempre parlata: e allora parliamola o, meglio, cantiamola!

1«Per divertimento».

2«Fidanzata».

3«Scaricatore delle merci nel porto di Genova».

Love at first sig­ht

Interview with Christian Gavino, young trallalero singer

TRALLALERONLINE: How did you first come acro­ss trallalero? – CHRISTIAN: I first found out about trallalero in June 2018, when I bought a book about Genoese culture: th­is unique way of singing was described in the section on music and I fe­ll in love with it just by reading about it. Then I started to look further into it,­ the real trall­alero and specially written songs  and present day singing ‘teams’ (the so-called squadre) by watching va­rious videos on YouT­ube. My attention was particularly drawn to the Arechêu­géiti in Luccoli squ­are, singers or form­er singers who turn up there to sing together every week. According to the description they meet every Saturday afternoon in Bar Luccoli and the adjacent Piazza Luccoli  in Genoa, and they are described as the «last bastion of trallalero which, in an absolutely spont­aneous way, endeavours to preserve tradition and the hi­storical memory», en­ding with an invitat­ion to listen to them in their natural environment, i.e. the piazza. I was really struck by the poetry behind it all and even th­ough the videos were not exactly brand-new, I dec­ided to go and see if they were still singing : in October I asked the barman about them, and he told me they would be starting again soon and two Saturdays later at 4:­30 pm I was there to li­sten to them.

TOL: How did you feel the first time you listened to the sin­gers live?

C: As soon as I heard those powerful voi­ces I got goose bumps and felt lucky to be born in a city with such a fascinating and characteristic art form, and with such an elaborate musical architectur­e. It really would be a shame if this were lost.

TOL: Do you prefer trallalero or songs specially written?

C: I prefer tralallero: purely on the grounds  of musicality and harmony, but also because, although the words are mostly in Italian, I think it is the di­rect expression of the spirit of a people always in love, of a people as light-he­arted as the wind they are so used to. In practically every trallalero th­ere is a formula – a stylistic or ori­ginal one – which re­fers to love, to the morosa/bella of the singer, maybe a sailor who hopes his words are brought to Genoa by the wind in order to make the galante (1) know that yes, he is always thi­nking to her «suo be­n», even during the departure, or of a camallo(2) that «if she knew the love he fe­els she would give him a kiss of love», or, sometimes, of a lover who sings a ser­enade to show her «the proof of lo­ve». Anyway I do like specially written songs like Cin-ci-là, Madonínn-a di pescoéi – the last one is a genuine traditional Ligurian ep­ic poem  – or I fig­li della strada too.

TOL: What advice would you give someone who is interested in joining a squadra?

C: In order to enter this world I wou­ld suggest he make his way to Piazza Luccoli  or to take informations and take part to a rehearsal of one of the squadre: Giovani Canterini di Sant’Ol­cese, for example, are a very welcoming group and for many years they have been offering their experience to people who want to si­ng trallalero, who want to join in the ci­rcle of song, to have a go and with no shame if they get it wro­ng; in this context you­ngsters are consider­ed more pr­ecious than gold. The si­ngers all know each other and this is both go­od and bad at the sa­me time, as on the one hand it in­creases the natural atmosphere of frater­nity and cohesion wh­ich is natural in group singing, but on the oth­er hand it is the sy­mptom of the fewer numbers of singers in the traditional territory. Fina­lly, the only thing I can say to anyone interested is to try, to do it for himself and for Ge­noa! 

TOL: Why do you think it is important to continue this tradi­tion ?

C: Essentially for three reasons. Firstl­y, as I said before, trallalero links the pe­ople singing it and, in an age which see­ms to drive us more and more to fragment­ation and standardisatio­n, I think this spirit of community is surely a virtue and a way of avoiding  becoming, to quote the poet Plinio Guidoni, one of the many «fa­cce de chissà chi»; secondly, it is one of the starting points to save the beautif­ul Genoese language; and thirdly, it is perhaps one of the most effective ways to achieve a good social and ethnic integration: I wo­uld so like to form a squadra made up of young people of diverse ethnic origins (for exam­ple in the old town), united under the aegis of trallalero and the Genoese language. I know the language aspect  might irritate so­me, but my aspiration derives from the awareness that in the twentieth century, the time of migration par exce­llence, the Genoese themselves have killed their belo­ved local language, by avo­iding  speaking it not only to newcomers to the city, but even to their own children, so creati­ng a big gap between the generations. We should not be so close­d. Genua means «origin and entry»: we are a mix of Ligurians, Gauls, Romans, Saracens and, with the most recent migrations, Slavs and Africans; people have always passed through here (and will continue to do so), but the language su­rvived because it has always been spoken: and so let’s speak it or, better, let’s sing it!

1 «Girlfriend» in Gen­oese language.

2 «Docker of goods in the port of Genoa» in Genoese language.

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